11/19 NOVEMBRE Tra gli stand di Verona, visitate la mostra fotografica "1^Edizione"
(Pic Baldazzi) A Verona Fiere, sarà di scena per il primo anno la mostra fotografica FUTURITY PARADE, nel padiglione della Show Arena. E così tra una gara vista dalle tribune e un salto tra gli stand espositivi per fare gli ultimi acquisti, ci sarà una piccola “chicca” da visitare all’interno dei padiglioni: l’Irha, in questo caso tramite l’efficiente braccio organizzativo del Vicepresidente Alessandro Meconi, ha deciso di muovere un primo emozionante passo verso la riconquista della propria storia allestendo una vera e propria Champions Parade, in cui verranno esposte le foto dei Campioni Open e Non Pro del Futurity italiano(titoli pieni/L4) dal 1985 fino all’edizione 2021.
Una rassegna dedicata a chi in sella - giorno dopo giorno - ha messo i primi capelli bianchi e magari qualche chilo in più, ma anche ai giovanissimi. Anzi, il percorso è forse rivolto a loro più di tutti, per ricordare ai ragazzi di oggi che questo angolo dorato fatto di spin e sliding stop, di copertine patinate e campioni da imitare, è nato molti anni fa sui sogni improbabili e sulla fatica immensa di un manipolo di eroici entusiasti (visionari?) che hanno portato uno spicchio di mondo western fin qui in Italia.
Chi si avvicina oggi al nostro mondo e magari dà per scontate le grandi kermesse e i grandi montepremi, gli stand luccicanti e i mille accessori da gara, avrà modo di guardarsi indietro e cogliere forse, in quelle prime foto sbiadite e dalle luci incerte, quello che è stato un lungo cammino sostenuto unicamente da una cosa: la passione di chi ci ha preceduti.
Sarà un vero e proprio tuffo nella storia, un percorso della memoria per ritornare agli albori del nostro sport quando un manipolo di pionieri appassionati iniziarono a importare gli sconosciuti Quarter dagli States creando quella piccola comunità western style che diede vita al primissimo Futurity AICR del 1985, vinto allora dal compianto Peppo Quaini. Abbiamo chiesto qualcosa in più ad Alessandro.
Con l’esposizione di Verona quindi Irha inizia ad accumulare materiale di cui prima non disponeva, con l’idea di metterlo a disposizione dei ragazzi e di chi si è avvicinato alla disciplina più di recente…
Esattamente. Un progetto ambizioso ma secondo me doveroso, che credo potrà anche aiutare questo Consiglio, e i Consigli futuri a fare le scelte politiche giuste. Sapere da dove veniamo ci aiuterà tutti a decidere dove siamo diretti.
Voglio aggiungere che un grande stimolo è venuto dal voler immortalare il contributo di tre fra questi Campioni, purtroppo tutti scomparsi quest’anno: il primo Futurity Open Champion della storia italiana, Giuseppe Quaini, il mio grande amico Filippo Masi e il grande Giacomo Ronchi. Voglio rivolgere un pensiero anche a Matteo Bonzano, che è stato a sua volta un grande Campione della nostra Nazionale giovanile e al quale nel progetto di cui ho parlato ci sarà modo di rendere il dovuto onore.
Il mio ringraziamento va certamente a Cochi Allegri, che ci ha messo a disposizione il materiale del suo archivio e il prezioso lavoro del suo team, in particolare Betti Canei e Igor Rovatti, e naturalmente ad Andrea Bonaga che con le sue foto ha documentato la storia del reining negli ultimi vent’anni, così come fece Paolo Ferraboschi prima di lui.
Tutte persone che negli anni si sono dedicate all’Associazione, in prima linea o dietro le quinte, e che sono state sempre disponibili e presenti. E naturalmente un grazie importante va a Ettore Baldazzi, valente reiner emiliano che ha stampato i teli con la “Futurity Parade” nella sua azienda» (foto a lato) "Diverse decine di metri di stampe a rullo, ma è stato bello ed eomozionate essere stato chiamato a collaborare a questo progetto" ci dice Ettore.
Cochi Allegri, decana dell’equigiornalismo e attualmente direttore di Horsense: con il tuo gruppo di lavoro Reiner of Europe hai collaborato all’iniziativa. Ma che lavoro di “scavo archeologico” avete dovuto fare?
«Guarda Mauro, hai usato la parola giusta. Non ti dico la fatica per recuperare tutte le foto. Molte di queste esistevano in copia unica in qualche salotto di casa, appese vicino al camino. Altre solo su vecchie riviste dalle didascalie incerte, sulle quali Betti e Igor hanno fatto un lavoro di riconoscimento titanico e poi Daniele Sassi, il nostro mago del photo editing, ha sudato sette camicie per recuperarle alla “decenza” del digitale. Ma da quando Alessandro e il Board Irha ci hanno coinvolto in questa idea, ci abbiamo lavorato con grande entusiasmo. Tu sai quanto da sempre mi batto per un reining che sia anche cultura dello sport e non solo tecnica…
Però, la mostra del Futurity sarà, per gli osservatori più acuti, un percorso anche assolutamente tecnico: dalla sequenza delle foto si capisce perfettamente quale sia stata l’evoluzione della disciplina, che cosa era considerato “bel reining” negli anni ottanta e che cosa lo è oggi: credimi, c’è un vero abisso. Per non parlare dello sviluppo nella fotografia della disciplina, da quando per catturare uno stop con un semplice flash montato sulla macchina fotografica si doveva ogni volta camminare fino a metà arena per avvicinarsi abbastanza, ai potenti mezzi di un Andrea Bonaga che illumina lo show-pen a giorno con i fari sincronizzati e fotografa dalle tribune grazie a teleobiettivi futuristici. Davvero divertente…
In quelle foto, in quelle immagini, catturi poi anche un’altra evoluzione, direi di costume. Capisci che ciò che muoveva allora allevatori e cavalieri non erano certo i pochi soldi di quei montepremi. Si inseguiva un sogno, si guardava agli States, si formava quella generazione di trainer oggi “over 40 e dintorni” che non avevano web, tutorial su youtube e stage online a disposizione per formarsi, e se volevano farlo sensatamente dovevano mettersi il fagottino sulle spalle e attraversare l’oceano senza nemmeno i voli low cost...».
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Eh già: i tanti clinic che si svolgono oggi nelle nostre scuderie allora erano una chimera: qualche grande allevatore faceva arrivare per una stagione uno dei big o degli emergenti dagli States… That’s it! Oggi un ragazzo di 25 anni ha una strumentazione totalmente diversa, e spesso a quell’età già ha alle spalle diversi anni di pratica presso centri e addestratori specializzati. I rudimenti sono quelli giusti dall’inizio, spesso il percorso è tracciato. Non è un caso che anche l’anagrafica dei vincitori negli ultimi anni stia sempre più pendendo verso i Millenium. Ma negli “anta” era il Far West per davvero: guidavi senza navigatore e magari prendevi una strada sbagliata, potevano passare anni prima di trovare il maestro, il mentore che ti metteva finalmente sul binario giusto.
Ci piace pensare che qualcuno tra i più giovani, transitando a Verona davanti alle foto di questi grandi Campioni, si fermerà un attimo a pensare grato che ci sono state una/due generazioni di persone prima di loro a costruire l’attuale presente. E magari qualcuno più intelligente o sensibile tra gli altri capirà anche che la stessa responsabilità ora ce l’ha lui o lei, nei confronti dei ragazzini che ancora in calzoni corti li guardano dalle tribune. Nella vita arriva per tutti il momento del “give back”, di restituire qualcosa alla propria comunità. Capire questo, rendersi conto che non tutto ci è per forza dovuto, è già un buon passo per lasciare dietro di noi un posto migliore dove vivere e lavorare. Vale per la vita in generale e vale certamente anche per noi reiners.
Non perdete l'occasione e visitate la rassegna !