17 mag 2023

STEFANO MASSIGNAN, PORTRAIT. IL MIO SECONDO TEMPO...

 MY NEVER ENDING STORY...

Lui è forse stato la primissima Icona italiana del nostro sport, il primo Campionissimo italiano celebrato sui media a scavalco tra gli anni 90 e inizio millennio. Un gigante delle arene che ci ha fatto sognare sugli spalti, ispirando tanti giovanissimi che dopo di lui ci hanno provato. Oggi, più  consapevole di sè stesso e del nostro mondo, ha il sorriso e lo sguardo sornione di chi "qualche cosa" l'ha vista negli anni e magari te la  può raccontare, se hai voglia di ascoltarlo.

Stefano Massignan, 500mila dollari di LTE (in anni dove montepremi milionari non ce n'erano) è il Reiner di origini venete che negli anni "a scavalco" tra Ancr e Irha ha vinto ben 15 Open Special Events (!) . Tutti  lo ricordiamo anche per il primissimo titolo europeo Open vinto su Megapowered, ma soprattutto per il (234) Top Score assoluto mai realizzato da un italiano, con cui vinse il Challenge Futurity nel 2008 a bordo di OT Jacs on the Moon. 

Per non parlare del fatto che e'  l'unico  cavaliere italiano  Triple Crown Champion (ossia vincitore di Futurity, Derby e Maturity Open Irha) a bordo dell'indimenticato "Vobinda" , mostro divoratore delle sabbie targato ovviamente  Claudio Risso , a sua volta grande scopritore di talenti bipedi e quadrupedi nonchè recente Hall of Famer Nrha.(Stefano è stato head trainer alla RS Stable ben otto anni, quasi un matrimonio de facto!) .

Mentre molti atleti sono partiti per gli Usa o proprio adesso ci stanno pensando, lui ha deciso invece... di tornare. Da un anno circa è alla guida dell'Alps Coliseum, impianto dove da tempo si tengono le gare Arta. Ma nei suoi dieci anni in USA ha macinato miglia e  fatto la sua strada vincendo diversi Prefuturity statali e titoli L3 (o Reserve L4) è stato finalista L4 al mitico Futurity di Okla e anche in diverse edizioni di Derby/Nrbc dopo di che semplicemente, nel 2019 è rientrato "a casa". 

Un Reiner a scavalco tra due mondi, che ha davvero (e per molti anni) dettato legge in arena qui in Europa. Maniacale nei dettagli - e per questo lo conoscono tutti, ma proprio tutti -  è ovviamente uomo della vecchia scuola, formatosi come altri "Senatori" in anni dove erano ruvide le persone e soprattutto ancor più ruvidi i puledri. A lui -e a chi se no-,   affidiamo alcune riflessioni sul Reining di oggi e di domani e su dove stiamo andando. A metà tra quello che sarà il suo secondo tempo e su quel che resterà del Reining....

Stefano, come dicevamo,  alcuni campioni italiani ed europei quest’anno si sono spostati o si sposteranno a breve negli USA. Tu hai vissuto appieno entrambe le realtà. Cosa sta succedendo a tuo avviso e che direzione prenderà il Reining in Europa?

Ma vedi, semplicemente è un po' come per un calciatore americano (in una terra dove il calcio non è uno sport di prima fila) che coltiva l’ambizione di giocare in un grande Club europeo. E’ la stessa dinamica, al contrario. Normale avere ambizioni e sogni di questo tipo.
E fuori dalla facile metafora del sogno americano?

C’è innanzitutto da considerare una questione principale: per dimensione del mercato, numero di cavalli e progetti allevatoriali - il Reining negli Stati Uniti rappresenta sul serio una “Industry”, un piccolo settore economico. Dove chi lavora ha un suo profitto ma soprattutto chi fa investimenti (allevamento), lo fa sapendo che il suo sforzo potrà avere un giusto riconoscimento anche di tipo economico. Cosa qui ...mmm... oggi molto difficile.

In Italia, tutto corre sulle gambe e soprattutto sulla passione di un pugno di allevatori storici. Ma il tempo passa non solo per me e l’anagrafe fa il suo corso: chi si affaccia oggi al nostro mondo, anche per i motivi economici detti prima, si fa i suoi conti e non creda intenda diventare la "next generation sacrificale" di questo gioco, pronti a giocare con la stessa energia e anche con le stesse disponibilità economiche di quelli di prima. E' finito a mio avviso il tempo dei grandi allevamenti, con pochissime eccezioni. Oggi sempre più spesso gli allevatori affidano i propri prodotti ad addestratori diversi, basandosi su un piccolo parco fattrici di qualità, piuttosto che sul singolo stallone da promuovere. Qui da noi, intendo. Oggi la meravigliosa parabola di Spatolena ML Dollar  o quella del Frozen Sailor - facendo tutto qui in Italia - sarebbe  ancora possibile?  

Poi ci sono anche altre questioni: negli anni ‘80/90

tanti giovani americani sono venuti qui in Italia a farsi le ossa e insegnare il mestiere, adesso c’è una specie di flusso inverso in cui alcuni professionisti nostrani trovano posto in grandi scuderie Usa. Forse perché ci sono tanti cavalli e pochi L4? Questa è una delle ipotesi, ad esempio

Ed è un dubbio che mi è venuto, magari lì iniziano ad avere il problema inverso. Però significa anche che siamo diventati ...bravi, no?

Certo che si, tutto questo è anche il riconoscimento implicito che il nostro Reining, negli ultimi trent’anni è davvero cresciuto e di questo dobbiamo andarne fieri. Infine mettici anche che alcuni colleghi oggi si sentono, vuoi per età o  esperienza già maturata qui da noi, pronti a giocarsela nei Big Shows con i colleghi americani: mi sembra un tentativo legittimo, no? E’ una scelta d’altronde che a suo tempo ho fatto anche io.

Quindi tutto positivo e apprezzabile?

Mmmm non esattamente. Detto questo, quando colleghi tutti i pezzi , un pò come faresti con le singole manovre per provare a fare una gara, beh... magari  da un lato ti rallegri, ma dall’altro fai fatica a immaginare un futuro così roseo per il mercato italiano ed europeo ai livelli più alti.

Ed è in effetti questa preoccupazione, quella che senti a mezza bocca nei corridoi. Passato, presente, futuro. Il Reining è cambiato, viva il Reining. Lo abbiamo detto, celebrato e speriamo adesso di non doverlo "ricordare" . Nei Big Show i cavalli di punta volano, esibendo una potenza, una precisione e un controllo mai visti prima. Luce pura o qualche crepa si intravede all'orizzonte? 

Luce, senza dubbio. Però ovviamente tu mi chiedi di gettare lo sguardo anche in avanti. Dunque, da dove cominciare? Il mondo del professionismo è cambiato molto, probabilmente perchè sono cambiati i cavalli. Questo lo vorrei sottolineare. I puledri degli anni ‘90 venivano da linee di sangue molto calde, spesso da Cutting, erano davvero wild quando li portavi le prime volte in tondino. C’era una maggiore difficoltà nell’addestramento ma allo stesso tempo, testavi sul serio le tue capacità. Prendendoti pure qualche rischio. Forse non a caso prima si chiamava “doma”, quella che oggi è definita “colt starting”. Penso che questo non è solo un termine più gentile o fair, chi fa questo mestiere da anni sa bene che abbastanza spesso – e capita anche a me – oggi quando prendi un due anni dal box, dopo un po' di corda e un paio di  sgroppate, ci puoi già  salire sopra e fare i primi passi.  

Ma scusa -  tutta questa selezione a monte, non è meglio per tutti, cavalli compresi?

Da un punto di vista  della selezione dei cavalli, della esperienza della “prima sella” e dell’addestrabilità in generale, certamente si. Forse la piega un pò eccessiva che si sta prendendo negli ultimi anni verso una "genetica di stretta parentela", potrebbe in futuro dare qualche dispiacere, ma su questo punto, dovresti sentire un Vet esperto di cross breeding.

Però come sottoprodotto, tutto questo produce anche  una minore attenzione a quella che è la Foundation del training. E questa è la cosa che un cavallo si porta dietro, per la vita.

Spiegati meglio perché è un discorso molto interessante.

Nella mia esperienza posso dirti che andando indietro nel tempo quando un cavallo era “broken” (rotto, nel senso di addestrato), lo era per davvero e soprattutto rimaneva così per tutta la vita.

Oggi, puledri mediamente ben predisposti e più “gentili”, fanno si che in generale (fatte salve ovviamente alcune eccezioni) la nuova generazione di Trainers si possa concentrare molto presto sulla profondità delle manovre. Troppo presto, sarebbe meglio dire.

E allora dopo qualche anno, lo sanno i più vecchi del mestiere, quando infine  ti portano e  riprendi in mano questi cavalli , ti rendi conto di alcuni buchi che sono rimasti nella foundation e che chi li esibisce a quel punto , spesso un Non Pro, questi buchi se li  ritrova poi nella gestione a casa  e in gara.

Nella foto qui  a fianco cè un cavallo di cui sono molto orgoglioso finalista Open al Futurity USA con me. Dieci anni dopo gareggia in Italia con una ragazzina. Questo è esattamente quello che voglio dire, quando intendo "fatto per tutta la vita".

Io credo che da un Campione come te soprattutto i ragazzi più giovani possono trarre un consiglio importante per il loro mestiere e ascoltare con attenzione. Quale è allora il tuo messaggio per chi davvero inizia adesso?

Guarda, mi è molto facile farlo usando una immagine che è girata su Facebook qualche giorno fa e mi ha fatto sorridere: una foto con una antica strada romana con il suo acciottolato vecchio di secoli ancora perfetto -  e di fianco una strada di Roma dei tempi nostri, già piena di buchi. Da un lato la pietra lavorata in profondità, dall’altro c'è solo un velo di asfalto, che ovviamente si crepa alle prime piogge.

E' solo un parallelo, ma rende bene l’idea: solo una solida foundation mantiene “sound” un cavallo sportivo a lungo. Che vuol dire un lavoro attento, profondo anche nei tempi e ben concepito sulle basi e sul lavoro in piano. Diversamente succede che stiamo prendendo a prestito i maggiori mezzi delle linee di sangue attuali, per costruire macchine da gara performanti nel breve periodo con a bordo il Super Trainer di turno, ma che poi una volta riaffidati a alla guida di proprietari e Non Pro, fanno emergere tutte le difficoltà.

Nel Reining potente, elegante quasi impalpabile di oggi io vedo questo difetto: tanta attenzione allo show pen , poca attenzione nei compiti a casa. 

D’altronde una delle tue caratteristiche per le quali sei conosciuto, c’è la tua maniacalità nel lavoro di foundation e nella routine di lavoro a casa.

(ride, ndr) beh, se hai sentito in giro, tu la chiami maniacalità ma altri dicono pure peggio ! E' una cosa che da sempre condivido con un vecchio amico, Andrea Fappani che oggi è il numero 1 indiscusso al mondo e ha guadagnato oltre 8ML di dollari in carriera. Ci conosciamo da sempre, ho lavorato anche per lui, abbiamo avuto momenti di scontro (è carattere!), ma la nostra amicizia e stima reciproca non hanno mai vacillato. 

In questa foto d'archeologia fatta negli Usa a fine estate 2001, sembriamo due ragazzini....Eppure a distanza di pochi mesi tutti e due avremmo vinto il Futurity, io con Vobinda in Italia e lui con RR Star in Usa. Mamma mia, che tuffo nel passato...

Davvero da brividi, una foto che è quasi una profezia. Mi dicevi del Fappani di oggi, attento ai dettagli fin nei minimi particolari

Esatto, ti parlo di lui come esempio pratico, così non sembro inutilmente vanitoso.  Fappani è solo talento? Ma proprio no. Un grande campione sportivo, ma anche un virtuoso del pianoforte o anche un grande pittore, mica lo diventano solo con il talento. Quello che vediamo nello show pen è forse il 5% del lavoro maniacale e fatto di piccoli dettagli, che costruisce nella routine di ogni giorno a casa, dove non ti seguono certo i riflettori. Lì sei da solo e lavori duro. Punto.

Vero, chi pensa di fare il Reiner perchè avrà i riflettori puntati, sbaglia decisamente strada. Sabbia, polvere, sudore sono i pilastri di questo sport. Ma tutto questo si traduce in un programma con step molto precisi, immagino

Il suo programma di lavoro è ferreo, quasi computerizzato, non c’è spazio per scorciatoie o improvvisazioni. Ogni "x" mesi hai dei Check/tagliandi in cui vedere se sei in timing con il programma per i tre anni. Con il talento da solo, forse vinci una gara o due, nello sport. Ma non basta. E’ per questa cura assoluta dei dettagli, per la curiosità di imparare sempre cose nuove,  che è diventato il più grande, perché se vuoi arrivare in cima, non basta il talento “puro” in sella, occorre anche tutto il resto, collaboratori compresi. 

Un' altra cosa buffa, che mi ha riempito di orgoglio. Recentemente un giovane professionista italiano ha fatto un periodo da lui. Ha lavorato un po' i suoi puledri e quando è stato il momento di tornare a casa , Andrea gli avrebbe detto “In Italia segui il programma di Massignan e non ti sbagli”. Una cosa che, puoi capirlo, mi ha fatto un enorme piacere, lo dico con grande affetto. Ora lui è in cima al mondo, ma ci sono stati periodi in cui assieme negli States abbiamo condiviso camere polverose in motel di periferia e sicuramente quel periodo ci ha legato molto.

Programma ferreo, dettagli, foundation. Quando è che tutto questo diventa un problema e  si riverbera prima di tutto verso i Non Pro

Quasi tutti i cavalli Open hanno un secondo tempo con proprietari  Non Pro. E non possiamo consegnare loro macchine super potenti che poi sbandano alla prima curva. I cavalli devono essere prima di tutto addestrati (!). Se posso fare un piccolo appunto agli L4 di oggi è proprio quello di mettere maggiore attenzione alla foundation, assicurarsi che un cavallo quando passa dalle loro mani sia fissato per la vita. E non diventi inaffidabile o pericoloso, quando si cambia mani.

In Italia il mondo dei Non Pro, non ha perlomeno il problema "familistico" di alcuni grandi clan americani dove spesso cavalli praticamente Open vengono esibiti da spose e figli nelle Non Pro. Cosa vedi invece qui da noi? 

Si, qui ancora siamo alla seconda generazione. Sul mondo dei Non Pro qui in Italia piuttosto ci sono  due altre questioni che vedo da tempo. La prima è che oggi ci sono in arena molti giovani/giovanissimi emergenti, le cui famiglie investono in questo sport e che da subito lottano per le posizioni di vertice, sperando che la loro passione duri nel tempo. Bene da un lato, ma non tutte le passioni giovanili durano nel tempo.

Oggi mancano  all’appello i cavalieri “over trenta” ossia quella fascia di autentici appassionati per la vita, che secondo me sono la spina dorsale del sistema, quelli attorno ai quali costruisci per capirci, anche il mercato delle compravendite. Perché non si vive solo di prodotti di punta. Questa è una direzione di marcia che un po' mi spaventa.

La seconda questione è più che altro una domanda. Questa nuova generazione Open di piloti fortissimi in gara, che dipingono il pattern “a tutta manetta” guidando apparentemente con un filo di seta , è quella più  adatta ad occuparsi della gestione dei Non Professionisti?

Perché un’altra differenza che va emergendo è che in questi anni c’è una maggiore “separazione” palpabile tra chi in questo momento esprime il suo meglio nelle arene Open e chi deve preparare i propri Non Pro. E anche tra i Non Pro, tolti una manciata di punteggi importanti, la media tende poi a calare moltissimo, vai a guardarti le classifiche finali.

Se la metti così, in effetti il Reining è cresciuto molto di livello e se mi guardo attorno, non vedo molti altri sport in cui i campionissimi che vediamo in campo, sono anche quelli che preparano la base.

Esatto. Oggi, fare entrambe le cose – e farle bene -è sempre più difficile, anche per quanto detto prima sulla Foundation.

In un mercato più maturo, basta guardare ai saltatori della monta inglese, la vita professionale di chi in quel momento si esprime al Top in arena non va ad incrociarsi con la preparazione di cavalieri amatori o Non Pro, come li chiamiamo noi.

Ma da noi questa consapevolezza manca quasi del tutto e prevale l’effetto moda. Chi vince oggi riempie la scuderia anche di Non Pro. Ma tra settimane di gara e gestione del quotidiano viene fuori purtroppo un’altra potenziale scorciatoia, che secondo me alla lunga non porterà bene

E io ti ascolto su questo punto davvero a  orecchie spalancate.

Il punto è che oggi diretta conseguenza è che sempre più è il Non Pro che deve adattarsi al suo Open e non viceversa. A parte l’esempio di alcuni giovani allievi “Cloni” dei propri Trainers di riferimento, tutto questo diventa difficile se non impossibile per tutti gli altri, intendo per chi monta una o due volte alla settimana.

A me, in questi ultimi anni,  piace lavorare con i Non Pro. Oggi ne colgo meglio aspettative, frustrazioni, difficoltà oggettive o caratteriali. E con ognuno cerco di costruire il binomio. 

Cosa che non significa affatto dire al proprio allievo che deve osservarmi e poi salire e  ricalcare il mio gesto delle mani e il mio movimento delle gambe. A parte qualche rarissimo caso (giovani allievi-cloni o Non Pro che potrebbero fare anche gli Open – e sono pochi) questa è una richiesta impossibile, è fatta di mille sfumature e mille pulsanti da spingere, come fai a spiegarlo a qualcuno che monta un solo cavallo e si e no tre volte alla settimana, quando va bene?

Io penso che occorra procedere al contrario: mettere il cavallo sulle manovre nel modo più facile, secondo la sua capacità. Io tuttora mi scervello su queste cose tutti i giorni, credimi. E ogni persona ha bisogno delle sue risposte.

Ecco, a me sembra che oggi questa cosa proceda al rovescio.  Se qualcosa va storto in gara,  la colpa a quel punto quasi ricade sul Non Pro, che mal si adatta al metodo utilizzato dal suo trainer.  Stiamo facendo la cosa giusta?

Mi chiedo insomma: tutto questo, nel lungo periodo, avvicinerà o allontanerà le persone? E lo ripeto, parliamo sempre dei Non Pro come spina dorsale di tutto il sistema, senza i quali non esisterebbe nemmeno la tanta amata Formula 1 degli L4. E’ un tema di cui penso di poter parlare con cognizione di causa, non credi? E forse varrebbe la pena di farci tutti insieme una riflessione.

Beh, tutti ricordiamo ovviamente la mole impressionante di vittorie tue ma anche quella di Claudio Risso, che era contemporaneamente la persona che ti ha scopetto e lanciato come campione e insieme il Non Pro  più vincente di quegli stessi anni. Nel mondo ideale, quale sarebbe la ricetta più giusta per migliorare il sistema?

Devo fare un passo indietro se mi chiedi questo e così tocco il secondo punto che riguarda il Reining di oggi e di domani 


La generazione precedente, la mia, si è formata in modo diverso, mordendo la mela come e quando poteva, perché non c’erano formatori qui da noi. Imparavi dall’esperienza, a volte perdevi mesi o anni con le persone sbagliate e sei poi eri bravo e fortunato,  capitavi come me in un posto come la RS Stable di Claudio Risso (nella foto insieme, scattata in questo periodo), dove lui non mi faceva solo addestrare i cavalli,  ma investiva mandandomi due/tre mesi all’anno in Usa a imparare dai più bravi di allora che poi sono anche i miei maestri (Jim Kiser, Randy Paul, Clint Haverty e poi ovviamente successivamente anche Fappani, Flarida).

In questo sport, si emergeva più tardi  e quindi, ogni tanto lo dico anche io,  c’era di fatto anche una maggiore longevità agonistica.

Esatto. Oggi non è più così e non lo sarà in futuro. Un ragazzo già a 18 anni, se vuole fare bene questo mestiere può imboccare sin dal primo giorno la strada giusta per formarsi. L’età media dei professionisti si è abbassata, vedi molti ragazzi giovani eccellere negli Show già nei primi vent’anni.

Solo che è un’età in cui non sei ancora davvero pronto su tutto. E' difficile pensare di avere competenze raffinate di addestramento, gestione del business, gestione della scuderia e dei clienti e così via. Pensiamo davvero che un calciatore di 25 anni, quando si leva gli scarpini da calcio, abbia la maturità per occuparsi dell’acquisto delle magliette o della manutenzione dell’erba e seguire pure la scuola calcio ?

E' un tema che ho sollevato io stesso tempo fa. Se guardi gli istruttori di Salto, aiutano i ragazzi per lo più da terra stanno seduti sulle barriere; non è che fanno il "Gran Premio" e poi scendono di sella di corsa per guardare le gare dei loro ragazzi come i nostri. Ormai abbiamo tanti istruttori di prima e seconda generazione che sono negli "anta", è un modello che non regge per sempre.

Perfetto, centrato il tema. Ma abbiamo la forza anche economica di fare un passo avanti? Per disegnare il futuro anche io vedo la necessità di costruire oggi una traiettoria simile a quanto già succede in altri sport, o anche solo – più vicino a noi - nel salto ostacoli o nel dressage.  Un periodo formativo, gli anni passati in arena di gara a dare il meglio e poi un “secondo tempo” dove l’esperienza maturata da un atleta, ai vari livelli gli servirà  a formare la prossima generazione di cavalieri professionisti e non professionisti. Lavorando come Istruttori, come proprietari di centri, talent scout, come general manager di grandi allevamenti.

Come sai su questo tema con me sfondi con me una porta aperta. Io mi riferisco sempre con affetto ai “senatori” del Reining italiano (Carmignani, Meacci, il compianto Masi, Manzi, Ouellet, Tonini e tanti altri) immaginando che il secondo tempo vada costruito necessariamente in un altro modo sia per chi è negli “anta” oggi sia per chi ci arriverà tra qualche anno.

Esatto. Ma in altri sport è la normalità. Prendi una scuderia di moto o di Formula 1. Al pilota di punta sono affiancati giovani che corrono nelle categorie minori; ma a tutti loro è sempre affiancato un Team Manager di esperienza che proprio avendo fatto parte del circuito è in grado di dialogare con i piloti al loro stesso livello, in modo costruttivo e magari anche seguire i Non Pro. Lasciando al pilota la possibilità di concentrarsi solo su una cosa: vincere la gara. 

E credimi, ragionamenti o confronti anche duri nel pre-gara infuocato o nel training quotidiano in scuderia,  il trainer non può certo farli – tranne rarissime eccezioni – con il proprietario del centro. Non solo per la conoscenza approfondita del tema, ma anche perché  a sua volta ha altre preoccupazioni e magari un’azienda da mandare avanti e mica può sapere quanto la lunghezza o il materiale di un ferro incida sulla profondità di uno stop. Claudio (Risso, ndr) era così, ma non ce ne sono molti.

Ma da noi il settore è già così piccolo che io non vedo la possibilità di fare questo salto di qualità anche solo per l’investimento che tutto questo comporta. Pagare un Trainer e anche un Team manager? In quanti lo possono davvero fare? E con che autorità il secondo lavora sul primo? 

Insomma un modello teoricamente corretto ma che richiede risorse di altri sport per funzionare.

Esatto. Poi se vogliamo dirla tutta…sempre più, lo accennavo all'inizio, dal modello “grande allevamento con Stallone di punta e Trainer” ci stiamo muovendo verso un modello di “allevamento diffuso” dove il proprietario limita i costi di gestione mandando i prospects da trainers diversi. 

Ma in questo modo chi diventa  il centro motore di tutto il gioco? Chi ha il boccino in mano per fare crescere l’ambiente? 

Infatti. In nessuno sport i giocatori di quel momento sono quelli che determinano la diffusione di quello sport o lo gestiscono.  Vale per gli L4 ma vale anche per gli altri. L’autogestione dal basso, che ogni tanto viene evocata nelle assemblee. non funziona a livello equestre o se vuoi,  magari funziona a livello di associazioni regionali dove c'è un sostanziale equilibrio tra costi e montepremi; ma se devi organizzare uno Special di punta occorre anche un management in grado di attirare risorse vere o anche di metterci una pezza se qualcosa va storto.  il Presidente Arcese d'altronde lo ha detto bene in Assemblea "Se pensate che il montepremi del Futurity si faccia con i soldi dei box, state freschi" 

 Senza una classe dirigente appassionata e robusta (allevatori/proprietari) che organizza e struttura il palcoscenico sul quale noi professionisti ci muoviamo, la vedo molto difficile. E quelli che ci sono oggi – e per fortuna che ci sono! – non sono certo eterni. Godiamoci il momento, ma pensiamo anche avanti.

Stefano, è  un ragionamento molto sottile che personalmente mi colpisce molto e che spero i lettori apprezzino

So che parlo di un tema molto specifico e magari lo faccio in un modo non semplice o comprensibile per tutti, ma se mi chiedi di parlare di futuro non posso  non toccare questi argomenti…

Qualcuno dice “abbiamo passato anni a costruire il sistema sacrificando gli interessi dei più piccoli e poi chi ne ha avuto i maggiori benefici va a giocare altrove”. Tu che ne pensi?

In termini affettivi, la si può vedere anche così. Ma è anche vero che, se vogliamo dirla tutta,  sono i Campioni che attirano le nuove leve stimolando l'immaginario delle persone. Che creano il sogno, il movimento, l'indotto. Quindi in realtà c'è un dare e un avere. Pensa a Gennaro Lendi, uno dei pochi che sa unire tutte le caratteristiche dette prima, ha una grande capacità imprenditoriale  e  forse non a caso è diventato il primo italiano ML Dollar. Ha ricevuto... ma quanto ha dato all'ambiente? 

Penso che questo alla fine è lavoro, non è un matrimonio. Ognuno al proprio livello, farà sempre le scelte professionali migliori per lui o per la sua famiglia. Ma è anche vero che si crea spazio per altri e si alimenta allo stesso tempo il mito, la voglia di imitarne le gesta.

 Ma a parte questo, diciamo la verità:  tenere insieme la Formula 1 e la base sarà sempre una cosa molto complicata, ci arrotoliamo sempre sullo stesso discorso dopo di che ognuno può vedere la parte della medaglia che più gli piace.

Senza base e senza i non professionisti, l’ho già detto prima, manca la spina dorsale su cui costruire il settore e il mercato dei cavalli stessi. Ma è altrettanto vero che senza il sogno dorato delle grandi finali L4 al cardiopalma, nessuno investirebbe in questo sport. E infine senza i grandi allevamenti ed investitori si va semplicemente verso il “game over”.

Esiste una ricetta che tiene insieme la coperta senza strapparla? 

Per il Top Level abbiamo detto. Piloti a parte, ci sono alcuni protagonisti più recenti sul palcoscenico (Luga, Schumacher, Rabboni, Elementa, Q-Dream e altri a livello europeo) che speriamo siano i traghettatori del sistema per qualche decade ma che trovino una ragione per investire che non sia solo "la passione" dei nostri amatissimi pionieri di prima generazione.

Sul versante opposto non ho una ricetta, se non quella di curare l’equitazione western di base per avere sempre un vivaio da cui pescare. Equitazione di base western, leggi bene, non persone che non sanno ancora andare a cavallo e vengono messe a galoppare, spinnare e stoppare dal primo giorno.

Parliamo un attimo di Clinic e Formazione. Molti anni sono passati dai primi week end spesi con i professionisti. Cosa è cambiato da allora?

Un tempo, quando ti presentavi quasi dovevi far vedere  cos’era un Pattern ai ragazzi e  il tema era di mostrare le singole manovre e quanto in effetti eri bravo prima ancora di lavorare con loro. Per fortuna siamo tutti andati avanti. Chi sei e cosa sai fare, tutti gli appassionati lo hanno già visto da un pezzo, anzi magari da te a volte vengono per cercare uno sblocco su una sola singola cosa.

Oggi è cambiato tutto e c’è già una grande consapevolezza in chi partecipa. Ovviamente parliamo di clinic già avanzati, dove ognuno sa già cosa vorrebbe imparare da quello specifico professionista. Io mi regolo così in questi ultimi anni. Intanto mini-sessioni dedicate, non più tutti in sella tutto il giorno come si faceva agli inizi. Non ha più senso. Poi parlo con il Non Pro e gli chiedo subito quale è il suo problema. Partiamo sempre da una cosa specifica, da un qualcosa che lui possa portarsi a casa con esercizi e una routine per migliorare quel singolo aspetto. Con una eccezione: se necessario, gli faccio capire che il problema nasce altrove. 

Fammi un esempio pratico.

Problema sugli spin, il classico cavallo che non gira correttamente sulle spalle . Gli spin sono figli dei cerchi, di fatto sono l'esasperazione di un cerchio piccolissimo,  tracciato sul posto. Guardando un cavallo cerchiare, vedrò subito dove è il problema nello spin. Se ad esempio è molto piegato già nei cerchi, magari da un solo lato,  tenderà a replicare la cosa anche in quello spin e a muovere in ritardo le spalle anche nello spin, al di là di quella che è la sua capacità atletica di sbracciare, di muovere le spalle. Per dirti che c'è un punto preciso nella catena  dove lo "sblocco" va cercato e messo a posto. Che non è ripetere all'infinito una manovra e stomacare il cavallo senza risolvere nulla.

Oggi per fortuna nei Clinic un Trainer non ha più la necessità di “stupire” gli allievi eseguendo una manovra da “+1” per marcare il segno della sua capacità. Io voglio che questi ragazzi tornino a casa invece con un “ricordo” preciso di quello che hanno fatto, imparato e di come poi lo possono mettere in pratica da soli a casa.

Questo mi è chiaro. Rimane il punto di “chi forma i formatori” ?

Eh beh, ne abbiamo parlato prima. Solo un lungo percorso di tirocinio crea Professionisti solidi che a loro volta formeranno un Team solido di assistenti che non solo gli sanno sellare il cavallo, ma anche risolvere piccoli problemi durante il primo addestramento. Poca formazione e fatta male, lascia tanti buchi e a volte si trasforma in un disastro o una fama di breve durata. Se un chirurgo ha operato mille ginocchia, sa da subito dove mettere le mani. Se ne ha operati dieci, procede a tentativi. Può essere lui il capo chirurgo?

Di norma poi i Top Trainers, per quanto di moda in quel momento, sono impegnati a fare altro. Valeva per me, ma vale anche per i Top di oggi. Inoltre aggiungi che non tutti hanno la dialettica e l’esperienza per spiegare quello che fanno usando termini comprensibili. In diversi hanno mani e talento giusto, ma non tutti sanno farsi capire.

Non voglio incensare me stesso, quindi ti rifaccio l’esempio del numero uno al mondo, Andrea Fappani: lui anche quando spiega è una macchina da guerra. Hai mai visto un suo Dvd ?(certo che si , ndr!) . La sua pratica è talmente profonda, che sa tradurre esattamente i suoi gesti in pensieri e poi in frasi che descrivono perfettamente cosa sta facendo e perché. E' quasi impossibile non capire, se ovviamente hai un pò di esperienza nel settore.

Però alla fine non mi hai risposto. Chi forma i formatori?

Va bene, per risponderti ti dirò che  oltre a un tirocinio da fare in gioventu’ che abbia una durata credibile,  ci si formerà poi in arena dimostrando in gara che non sai fare le cose solo in teoria.

Va bene la Tessera Fise che in qualche modo sta “dando valore” al nostro mestiere, conferendo se vuoi anche  un prestigio sociale di “Istruttore Federale” a tanti ragazzi. Corretto, anche verso i genitori che ti affidano i figli per imparare.  Ma ripeto, ci si forma in arena. Se non hai mai fatto manovre da credito sul serio (in gara!) come fai a spiegarle e pretenderle da un allievo? Come fai a sapere come gestire il prima, il dopo e il durante quella manovra?   

Insomma Tecnico Federale e Trainer devono corrispondere come figure per dare il meglio agli allievi.

Certo e per il futuro sarà sempre di più così. Salvo che non ti concentri solo sulla "base pura" e allora il discorso è diverso, molto più flessibile. Per imparare le andature e l'amore per i cavalli, non hai certo bisogno del top level, anzi.

Diciamo che in tutti gli sport chi lo ha praticato ad alto livello è avvantaggiato e ha una marcia in più, ma non è sempre un vantaggio che viene messo in pratica.

Si e per essere giusti fino in fondo, non tutti i più grandi in arena, sanno anche diffondere il proprio sapere, sanno spiegare come e perché.

Che ti dirò, è invece una delle cose che più mi piace in questo mio secondo tempo. Lavoro molto volentieri con i Non Pro, sono felice di restituire in parte tutto quello che ho avuto. 

E sai perché? Perché come ho detto senza i Non Pro questo nostro mondo non esisterebbe.  Va portato profondo rispetto a chi durante la settimana suda nella propri azienda o nel proprio studio professionale e poi un paio di ore a settimana le dedica al cavallo.  E se non riesco a fargli fare binomio con il suo cavallo, o gliene faccio acquistare uno inadatto solo per ragioni economiche che potrai capire, la colpa è solo mia, non sua. Oppure se ne va e cambia Centro, perchè gli anni ottanta sono passati da un pezzo e la fidelizzazione a vita del cliente non esiste più. Il web ha tanti difetti, ma le informazioni le fa girare in fretta. Lo voglio dire di nuovo a scanso di equivoci. Ogni Non Pro che si allontana dal mondo training o dal mondo gare, anche da quello delle regionali, è una sconfitta per tutti noi professionisti !

Nei tuoi anni in Usa ti abbiamo visto vincere diversi Futurity statali, essere stato finalista L4 al Big Futurity di Okla 

e poi finalista in tutti gli Special nonché Champion o Reserve di diversi Trophies importanti. Cosa ti mancava dell’Italia e cosa ti manca oggi degli States?

Ne parlammo, mi sembra, al mio rientro a casa nel 2019 (LEGGI QUI). Il fatto è ...che io sono profondamente italiano. E l'ho capito proprio viaggiando. In America la mia esperienza è stata importante, ma di fatto è stata una esperienza lavorativa. Non ha intaccato il mio spirito di italiano. Mi mancavano gli amici, il clima informale con cui qui ci si vede per una birra senza consultare le agende (!), la buona tavola (!) il nostro stile di vita, dal suono delle tazzine quando prendi il caffè al bar, alle tante persone con cui dividi la tua giornata in una città – e non nel deserto dei "tanti chilometri di nulla" che spesso circondano i grandi Ranch in Usa. Lì ci sono posti bellissimi, ma deve anche piacerti una certa solitudine che a volte può diventare pesante, se sei sempre con le stesse persone H-24.

E oggi invece cosa ti manca degli USA ?

Mi manca il fatto che lì il settore equestre è davvero business oriented. Mi manca il rispetto generale, anche nelle città, dove quando dici che mestiere fai - in banca, in negozio, dovunque - sei rispettato perchè sanno di cosa stai parlando.  Ancora oggi se dici in Italia che lavori con i cavalli, la gente sgrana gli occhi e non capisce bene di cosa tu stia parlando.

Mi manca un sentimento più fair tra noi professionisti, meno invidia, meno gossip, che è uno Sport molto italiano, purtroppo. Poi ovviamente ci sono montepremi adeguati che fanno si che, quando fai investire un privato in un cavallo importante, sai che il “punto di pareggio” o anche il profitto, non è una chimera come spesso è qui da noi. Questo si, mi manca - e sono rientrato in Italia in un momento dove, come dicevo, non vedo un orizzonte roseo. Non solo per "l’anagrafe" dei primi pionieri appassionati allevatori, ma anche come congiuntura economica del Paese.

Oggi Stefano Massignan vive il suo secondo tempo. E lo fai, lo abbiamo capito, con una attitudine diversa. Cosa lasci alle spalle e cosa c’è nella tua vita di oggi, quali sono i tuoi obiettivi.

Alle spalle ho certamente i miei venti anni di matrimonio con Ky Kimsey.

Ky è stata mia moglie, complice, amante. Mi ha permesso di diventare “Massignan” in tutti i sensi e in tutti i modi possibili, aiutandomi nella mia crescita umana e professionale. Ci siamo lasciati rimanendo ottimi amici, con un profondo rispetto reciproco e oggi ci sentiamo a Video abbastanza spesso. Per lei ci sarò sempre. Non sono arrivati figli, è vero, ma soprattutto a un certo punto entrambi desideravamo…tornare a casa. Solo che per lei casa sono gli States. Per me, l’Italia. Lo dico oggi, con enorme affetto, davvero.

Il tuo primo tempo insomma…

Esatto. La lunga salita dal niente, da mestieri molto diversi, la voglia di abbracciare questo lavoro e poi la prima esperienza in Usa, il matrimonio con Ky, l’occasione di diventare Head trainer alla RS Stable,  gli anni vincenti con Claudio, i riflettori delle arene di gara, la polvere e il sudore delle giornate infinite di training a casa, la pressione enorme che hai quando vinci le prime volte e poi ancora di più quando sei "costretto" a continuare a vincere. Questo è stato il mio primo tempo e un pò mi mette i brividi a raccontarlo in pochi secondi, eh?

A davanti a te cosa vedi oggi ?

Io spero ci sia un lungo – sufficientemente lungo – periodo di mare calmo, in cui sto ridisegnando tempi e obiettivi. Mi piace gareggiare, l’anno scorso ho portato a casa una quindicina di Bronzi qui in Arta (Trentino AA; ndr) e i titoli Open e Int Open; il mio Non Pro ha vinto le Prime Time – una soddisfazione enorme per me ! -  e quando c’è il cavallo giusto, senza raccontarsi storie con i proprietari, si prova anche qualche Special nazionale. La giornata ha la sua routine, ma cerco di continuare a mantenermi open mind, ad  imparare.

Ad imparare? E' curioso che tu dica questo perchè a volte noi comuni mortali che facciamo ogni anno "corsi di formazione" ognuno nel suo mestiere, ci troviamo a ragionare con Trainers che ormai ...sanno già tutto. 

Lo so, lo so. Se non ti mantieni aperto all'apprendimento rimani indietro molto presto. Guarda le gare Top di alcuni anni fa e quelle di oggi. Chi si ferma, anche nel nostro sport, fa quindi un enorme errore di prospettiva. Allora fammi chiudere questa nostra intervista, con una ultima riflessione.

Vedi, in questo lavoro, ho imparato profondamente due cose. La prima è che devi avere amore per quello che fai, altrimenti non vai da nessuna parte. Se vuoi davvero eccellere, devi chiederti prima o poi se ami quello che fai. Che non vuol dire sollevare la statuetta al cielo, eh?? Quello è solo lo specchio della nostra vanità e dura solo un momento.

Vuol dire amare h-24 i cavalli, il loro odore, lo splendore del loro pelo, la cura che devi avere nella scelta di mangimi e fieno o il fastidio di quando devi passare ogni giorno e ogni sera una pomata su uno zoccolo per risolvere un problema del derma, l’amore incondizionato per i loro occhi che a volte sembrano un pozzo profondo e senza fine. Devi partire da lì, mi capisci? Io ho fortemente voluto prendere questa strada lasciando il famoso “lavoro sicuro” che vorrebbero per te i genitori. Quando la mattina, sento il brontolio dei cavalli e stringo la prima sella, mi considero un privilegiato. Ma anche una persona che ha capito quello che voleva. E ognuno di noi, questa cosa, deve capirla nel profondo, da solo.

La seconda cosa è la voglia di imparare. Da tutti, anche da chi fa una disciplina diversa. Chiunque ti può fornire uno spunto, magari facendo una cosa sbagliata e accendendoti una lampadina. Ma non tutti colgono la cosa.

Io e Fappani siamo amici da molti anni, come dicevamo Abbiamo anche in questo la stessa curiosità. Quando vediamo montare un Non Pro , anche se è davvero verde, può scattare a volte un punto interrogativo. A entrambi è capitato di chiedergli di farci vedere come fa una certa cosa e soprattutto perché lo fa! Perché entrambi vogliamo sempre capire la motivazione profonda di un gesto. E’ un caso? E' un capriccio, oppure quella persona pensa di risolvere in quel modo un problema? E se poi funziona per davvero? Solo con questa curiosità impari e metti in pratica, se non hai questa “fame” di conoscenza ed esperienza, ti mancherà qualcosa. Ma questa cosa deve accompagnarti sempre, anche quando le persone ti considerano arrivato.

E allora quel che alla fine resta del Reining,  sarà sempre la passione cristallina per i cavalli e per i Quarter Horses. Questa non te la leverà nessuno, se è nel profondo del tuo essere, chiunque sia a lì a "dirigere il traffico" sul piano più politico dell'Associazione.  

Per il resto, speriamo che le buone idee nel nostro mondo corrano sulle gambe di persone appassionate, "fair" e  con obiettivi di lungo periodo. Buon Reining a tutti !

Una lunga chiacchierata, tanti spunti di riflessione. Grazie davvero di cuore Stefano, grande Campione.


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