USA O EUROPA? VAI DOVE TI PORTA IL CUORE ...
Lui è Pierluigi Chioldo. L'immagine stessa della calma, anche subito prima una finale. Misurato, mai fuori dalle righe. In tanti anni di training in Italia ha lavorato per le casate più blasonate vincendo un Futurity Open L4/L3, un Derby Italiano e un Derby Europeo, ogni altro genere di Special e vestendo anche la maglia azzurra ai WEG Fei. Formatosi negli anni giovanili nel Team di Stefano Massignan, alla corte di Claudio Risso. ormai da diverso tempo e' Inserito d’ufficio tra i Big del Reining continentale: circa tre anni fa Pierluigi, al termine della sua esperienza come Head Trainer da Rabboni QH ha fatto le valige per cercare il suo personale sogno americano. E si è inserito molto bene, vincendo diversi titoli statali tra cui due Derby Open, fino a diventare un precursore di quella “piccola valanga” di talenti emigranti che poi è seguita e che preoccupa un po' quando si pensa al futuro del Reining continentale. Proprio con lui tracciamo un bilancio di questa esperienza a stelle e strisce consolidata presso la facility di Martin Muhlstatter.
Esatto, la mia vita oggi è qui in Arizona, nella facility dei Muhlstatter. Da Martin sono la seconda guida ma abbiamo altre quattro persone nel Team che ci aiutano ad organizzare al meglio la routine di lavoro. Al momento ci sono circa 65 cavalli in addestramento, quindi una bella giostra tutti i giorni, come puoi capire.
Sei in USA ormai da quasi tre anni e una idea precisa te la sei fatta certamente. Cosa ti ha colpito o cosa ti piace di più nel lavorare oggi in America?
Mi viene in mene subito la divisione dei ruoli: finalmente passo le mie giornate in sella! Che magari sembra scontato, ma in Italia non è quasi mai così. Ci sono sempre troppe cose a cui pensare. per non parlare degli adempimenti amministrativi. Qui il business invece è strutturato con un modello che prevede diversi ruoli professionali. Non devo occuparmi del fieno, del truciolo o dei fence da sostituire. Il mio compito è montare a cavallo e intorno a Martin e a me c’è un team (tra i quali sua moglie Kim che è anche una ottima Non Pro) che lavora con noi e per noi permettendoci di concentrarci sul core business, ossia il Training.
Come ti trovi dai Muhlstatter?
Sono felice di avere scelto la loro proposta. Ci abbiamo messo un po' a “quagliare” ma oggi qui mi sento davvero bene. Martin e Kim sono accoglienti, propositivi, sorridenti. Credo che il fatto che Martin sia arrivato anche lui dall’Europa molti anni fa, lo aiuta a comprendere i problemi di ambientazione e dà decisamente un tocco “europeo” al suo modo di essere. Intendo più sfumato, meno tagliato con l’accetta.
Come è la tua routine di lavoro oltreoceano.
Qui il clima è mite anche di inverno e questo è già un bell'aspetto. Iniziamo la mattina alle 7 di inverno e alle 5 quando fa molto caldo, pranzo veloce e poi avanti fino alle 18.30/19.00 circa. Il lunedì di norma svolgiamo un
allentamento leggero, in crescendo durante la settimana, I cavalli che hanno fatto bene fanno giostra il sabato, gli altri li rimontiamo e poi domenica pausa per tutti. La nostra giornata inizia dai cavalli da gara, i prospect li facciamo normalmente nel pomeriggio. Prima delle gare cerchiamo di mettere insieme alcune manovre, magari facendo delle simulazioni su specifici pezzi del pattern. E poi c'è il grande lavoro sui due anni, qui c'è davvero grande attenzione ovunque da parte degli Head trainers. Si iniziano a lavorare subito dopo il Derby e sia io che Martin li montiamo da fine giugno in modo crescente, magari tirandoceli già dietro in alcuni Show anche per fargli vedere arene diverse.Ma quello americano, è davvero un ambiente più collaborativo e meno competitivo del nostro?
Si, questo te lo confermo. Qui, una volta che sei “riconosciuto” come parte dell’industria, questa cosa diventa davvero molto percepibile. C’è ottimismo, accettazione, collaborazione tra colleghi, voglia di scambiarsi opinioni e metodi senza malizia e senza grandi segreti.E devo dirti che nessuno qui “ruba i clienti” a nessuno! Anzi, se hai un dubbio, la prima cosa che fai quando un nuovo cliente ti chiede se hai posto, è capire dal suo vecchio Trainer perché si sta spostando. Insomma si fa squadra con i colleghi e questo aggiunge sicurezza al proprio lavoro.
Spero che questo Mood nel tempo contamini anche noi in Italia dove invece questa collaborazione c’è molto meno e c’è più una componente di invidia strisciante o di gossip da scuderia che alla fine fa male a tutto l’ambiente.
Nel gossip di Radio Scuderia annoveriamo anche tutta la litania delle lamentele italiche ad ogni Show.
Ah questo è davvero buffo, perché guarda che l’organizzazione italiana degli Show nazionali ed internazionali è davvero una delle migliori al mondo. Qui in Usa è normale avere acqua fredda agli show, allacci extra a pagamento, e soprattutto il fondo che troviamo è spesso molto meno lavorato che in Italia, ma qui nessuno si lamenta. Casomai diamo una mano a sistemare le cose. E poi diciamolo, la sabbia alla fine è uguale per tutti e di giorno in giorno migliora sempre. Non è un tema caldo di discussione, insomma. In Italia invece ogni anno quello della sabbia diventa il centro delle discussioni di corridoio, alimentate da un misto di risentimento e di complottismo. La negatività alla lunga fa male a tutti e queste dinamiche sinceramente non mi mancano.
Ma quanto si parla realmente di Europa negli Usa?
Assai poco, in realtà.
Mauro, questo è uno sport nato qui, ha radici che affondano nelle origini stesse dei cowboys, dei mandriani, dei grandi ranch. L’America un po' su tutto è ombelicale, centrata su sé stessa. Ti basta ascoltare un notiziario, per capirlo. E questo modo di essere lo trovi infine anche nel Reining. Certo, ben vengano nuovi appassionati o investitori che arrivano dal vecchio Continente, ma questo non smuove di un passo le decisioni prese qui in Usa. Le regole non prenderanno una piega diversa perché in Europa si fa diversamente.
A proposito, in questi anni sei stato anche protagonista di alcune vendite a senso inverso, dall'Europa agli Usa.
E' vero, ho agito da agente in diverse vendite di prestigio, parliamo di cavalli Futurity Champions in Italia e in Europa, Cavalli che magari fai più fatica a piazzare al prezzo corretto nel vecchio Continente e che qui in Usa invece trovano più facilmente il compratore giusto. Mi sono fatto una esperienza molto interessante e credo che i proprietari siano rimasti soddisfatti anche per la resa economica dell'operazione, nonostante i costi maggiorati dal volo. Se vuoi, anche una prova ulteriore della qualità Made in Italy, no?
Una domanda scomoda a questo proposito devo fartela però. Da un anno circa è in vigore il nuovo Medication & Welfare con tutte le code polemiche ci sono state sull’uso del Romifidine. Sarebbe interessante sapere il punto di vista di un cavaliere europeo esperto come te su questo punto.
Se in Europa di è deciso per una “Tolleranza Zero” sul Doping va bene così. Non discuto, basta solo che le regole di ingaggio siano chiare e uguali per tutti.
Ma su questo tema, permettimi di dirti che c’è anche una certa ipocrisia. Pensiamo agli antidolorifici. In fondo tutti noi li utilizziamo per poter andare al lavoro in un giorno in cui siamo un po' scricchiolanti, o no? Mentre per quanto riguarda il famoso Sedivet che devo dirti: noi abbiamo fatto alcuni test e oggi NON lo utilizziamo, ma solo perché perché non ne vediamo il reale beneficio.
Considera che si parla di uno 0.5cc in muscolo (sempre concordati tra trainer, proprietario e Vet) quando un normalissimo maniscalco che deve ferrare un cavallo nervoso, ne inietta almeno 1 cc. Io poi personalmente trovo che passeggiare un cavallo o portarlo a fare pipì in Box prima di affrontare gli ultimi minuti di routine in campo prova, abbia un effetto più rilassante.
La realtà è che il buon senso applicato dai molti (ossia dalla maggioranza) non fa notizia su Facebook o sui giornali; dove invece ci finisce solo il comportamento esagerato, quello che dà scandalo e alla fine infanga un intero settore. Ma tutto questo è anche lo specchio dei tempi, non riguarda solo il settore equestre, non trovi?
E qualcosa che invece hai portato tu dall’Italia come tuo bagaglio professionale?
Guarda c'è un tratto che non è solo mio, ma è in tutti noi che arriviamo dall’Europa. Portiamo con noi in generale una maggiore “finezza” legata in qualche modo alla conoscenza dell’equitazione classica che ha fatto parte della nostra formazione al contrario di quello che succede nei Ranch.. Noi portiamo qui non solo ottime mani – e lo puoi vedere dai tanti nomi che in questi anni stanno arrivando negli States, su tutti Gennaro, Mirko e Gully – ma anche conoscenze su bio-meccanica, veterinaria, imboccature e così via, che strano a dirsi ma qui sono più trascurate o trattate in modo più grossolano.
E la cosa che ti manca dell’Italia ?
Il cibo!!! (risponde senza una esitazione, ndr)
Ma con gli altri Italian trainers non vi vedete mai ?
Mah…meno di quanto tu pensi. In parecchi siamo qui intorno a Scottsdale, capita di vederci in città o anche solo a fare benzina, ma non abbiamo – almeno parlo per me – una frequentazione così ricorrente con i ragazzi. Magari è più facile vederci agli Shows
“Ognuno a rincorrere i suoi guai”, cantava Vasco …
Beh...d’altronde è difficile qui incastrare lavoro e vita privata, mettendo in fila le priorità vere..
Perché in effetti tu un “pezzetto d’Italia e di cuore” c’è l’hai proprio qui con te.
Eh già…è vero ed è una bellissima sensazione. Con Denise stiamo insieme da quasi due anni, lei lavora per una grossa casa farmaceutica ma monta anche a cavallo. Solo che lavora in California (1200km ca di distanza, ndr) , quindi ci vediamo nel week end, puoi capire che la nostra vita è un tetris fatto di cavalli, lavoro e aeroporti, questo per rispondere anche alla tua domanda di prima. Ma ho la bella sensazione che stiamo costruendo qualcosa di importante, di autentico
Tempo fa mi hai detto parlando degli States “ancora una stagione e poi dovrò decidere cosa fare da grande”
Vero. Si apre il 2024 e penso sarà un anno di scelte. Non ti nascondo che in Europa e in Italia ho avuto diverse offerte interessanti e continuano a chiamarmi. In Usa credo che potrei inserirmi nella fascia più qualificata di professionisti, ma capisco bene che è una scelta di vita. Investire in un posto mio? Provare ad avvicinarmi in California, dove lavora Denise? O cercare qualcosa in Europa che sia soddisfacente per entrambi? Ci stiamo lavorando, al momento non ho una risposta. Ma una cosa la so. Conosco il trade off che c'è tra la carriera a cui posso ambire e il mio futuro che significa anche fare famiglia. E sia io che Denise vogliamo che queste due cose si tengano, che viaggino insieme.
Pier, i grandi ranch qui in Usa hanno numeri di cavalli in training molto molto alti. Come fate a conciliare le sempre più lunghe trasferte di gara con la routine di lavoro? Alla Nrbc, ad esempio, hanno allungato a due settimane, per non parlare dei chilometri - spesso migliaia - da percorrere ogni volta.
E’ semplice, tutte le volte in trasferta portiamo fino a 30 cavalli con noi. In questo modo continuiamo a lavorarli sfruttando anche la cosa per fargli vedere posti nuovi e iniziare ad abituarsi alla routine di gara.
Capisco che tutto questo è possibile qui in Usa, dove i proprietari ti seguono in questi ragionamenti e non discutono il pagamento di queste trasferte che alla fine fanno parte del programma di training. In Italia ovviamente non avrebbe un gran senso, anche per le distanze ridotte oltre che per i maggiori costi di gestione.
Pier, dal rumore degli zoccoli in sottofondo sento che mentre parliamo stai già camminando in scuderia con il prossimo cavallo di giornata. Un tuo pensiero di sintesi a chiudere per i nostri lettori, rispetto al "sogno americano".
Mah, ognuno in fondo è figlio della sua esperienza. Diciamo che c'è stato un tempo in cui erano i giovani trainers americani a fare qualche stagione da noi (Latimer, McCutcheon, Kiser e così via.....) Arrivavano nei grandi allevamenti e portavano il verbo. Di rimando in quegli anni come molti colleghi - eravamo nella prima giovinezza - abbiamo passato periodi brevi o lunghi negli States per imparare nuove tecniche e poi metterle in pratica.
Oggi i flussi sono decisamente diversi. In uno sport che rimane a forte trazione USA, il mercato dei Trainers è diventato internazionale e il valore di un addestratore prescinde dalla sua nazionalità: ci sono quelli molto bravi, punto! E paradossalmente oggi proprio qui in USA i centri, gli allevatori che ambiscono a fare grandi risultati sono di più dei Trainers L4, se mi capisci. Che è un pò il contrario di quello che succede in Europa ad oggi.
Non a caso alcune guide L4 come Gennaro (ML dollar), Mirko e Gully sono qui in Usa ma sono arrivati già da protagonisti, con un lungo curriculum. E poi abbiamo lì in cima a tutti Andrea Fappani oggi leader indiscusso mondiale, assieme a molti altri colleghi italiani che sono qui da anni e raccolgono ad ogni stagione risultati rilevanti.
Ma in Italia e in Europa non è più come ai miei tempi: oggi ci sono davvero molti posti dove farsi le ossa, imparare da Trainers qualificati e iniziare il percorso correttamente sin da subito, senza prendere strade sbagliate. A patto però di capire una cosa: questa professione non viaggia al tempo di "Facebook" e le tue capacità le devi dimostrare e ri-dimostrare ogni singolo giorno in arena. Perchè imparare significa metterci "anni" di lavoro, non mesi! Sono stato per quattro anni al lavoro con Stefano Massignan che al tempo era il numero uno. poi un anno a corte da Craig Schmersal negli Usa. Per dirti. Se vuoi essere davvero solido nel tempo, devi avere basi solide. Vale per i cavalli, ma vale anche per noi, credimi."
E mentre chiudiamo la chiamata, sta già stringendo il prossimo sottopancia...