15 giu 2022

IN RICORDO DI ELEONORA ANTOLINI, UNA DI NOI

 "..PER ASPERA, AD ASTRA..." 
"Attraverso le difficoltà, si arriva alle stelle". Questo il senso del motto latino che campeggia da tempo sul suo profilo social.

Purtroppo  abbiamo  appreso ieri - dalle parole tristi del fratello Riccardo -, della scomparsa di Eleonora Antolini, 34 anni, un figlio piccolo  e una vita intera ancora da vivere. 

Giovane donna e madre del piccolo Christian. Già solo da queste tre parole, si capisce la portata della tristezza e della disperazione legate alla sua perdita. Per chi va....e per chi rimane.  In moltissimi in queste ore la stanno ricordando sui social...

Originaria delle provincia di Verona, Eleonora è stata sempre  una "Equestrian" , una grande appassionata di cavalli a tutto tondo. Assieme a Claudio, suo  marito,  aveva creato e portava avanti un piccolo allevamento di grande qualità, anche se dei due, lei era quella che alla fine preferiva stare sempre in sella! 

Lo faceva spaziando dal mondo delle passeggiate fino al Mountain Trail, approdando infine all'amato Reining. Dapprima come appassionata proprietaria e infine - tra lezioni e Clinic - arrivando da un paio di anni (come ci si poteva aspettare da lei)  all'agonismo, seguita da Nik Cordioli sia in AVCR che in altri happening regionali. Perchè lei le cose, neanche a dirlo,  amava farle in prima persona. 

Lo ha dimostrato anche negli anni terribili della malattia, vissuta con un coraggio e una determinazione non comuni.  E soprattutto continuando a stare in sella fino all'ultimo, nonostante tutto, con caparbietà e volontà e la voglia di vivere la vita "a morsi"  ogni momento. Ci piace pensare che il cavallo sia stato ogni giorno uno dei suoi "pensieri felici" , a cui aggrapparsi anche nei momenti più bui....

Purtroppo, il tumore aggressivo e subdolo contro il quale combatteva da circa tre anni, nel suo ultimo attacco  l'ha portata via agli affetti dei suoi cari e soprattutto del suo amato bambino. Le parole per descrivere questo strazio, non esistono. Ma fa effetto rileggere alcune sue considerazioni fatte di recente e condivise da lei a mezzo social solo un mese fa e che qui sotto riportiamo nella semplice voglia di ricordarla e trattenere almeno un pò con noi le persone che hanno fatto parte della nostra piccola comunità e che purtroppo ora non ci sono più. 

Prima che abbia inizio il suo ultimo viaggio, quello del grande mistero. Sicuramente in sella, a illuminare la strada. Su, fino alle stelle...  

Qui riprendiamo un suo post da lei scritto il 30 maggio scorso, a tarda sera:

"Vivere col cancro è così maledettamente mutevole. Instabile.
Alle 8 di mattina sembrerebbe che sia tutto ok. Ma già alle 8.07 puoi avere il primo piccolo meltdown: l’addome si gonfia. Iniziano i primi dolori, i primi farmaci. E se è la giornata che non hai forze per uscire, capita inesorabilmente di trascorrere l’intera giornata annullata sul divano ed a pensare a quel giorno in qui tutto ebbe inizio. O meglio, ai giorni più significativi. Il tuo cervello è una mitragliatrice di ricordi, pensieri e domande, alle quali non si può dare una risposta. Cerchi invano. Come quando sei in apnea, i polmoni bruciano, bramosi di ossigeno e tenti con tutte le tue forze di tornare a galla; ma in questo caso sprofondi sempre più negli abissi. E la nostalgia ti cattura e inizi a guardare vecchie foto. Quando tutto andava bene e poi quando tutto ha iniziato a crollare. Pensi a com’eri
e a come sei adesso, a quello che facevi e non puoi fare più, ai mille sogni e progetti che avevi, a quanto ha sconvolto la vita, non solo quella tua, ma anche quella degli altri. E inizia la disperazione del “non può essere vero”, “perchè a me” “che ne sarà..” Arrivando al punto di annichilirti nella disperazione.
Succede anche che puoi passare davanti allo specchio. E il tuo riflesso viene catturato dai tuoi occhi e la tua faccia è pallida come quella di un fantasma. La tristezza e la frustrazione e l’ansia e la paura e la rabbia hanno cambiato di nuovo le linee del viso. Quasi come la natura muta le pietre. In una leggera lenta agonia. E realizzi di essere stanca. Lo noti da quella ruga in più. Dalla tua bocca che non sorride più come prima. Dagli occhi che sono due semplici fessure nere ma gonfi di lacrime. E poi quelle parole che ti rimbombano in testa. “Ho il cancro. Sono in metastasi. Qua non ne vengo più fuori”. Come un’insegna gigante luminosa. E vorresti urlare. Ma dalla tua bocca non esce alcun suono. E cerchi di aggrapparti ad un piccolo barlume di speranza, a quel poco di sanità mentale che ti rimane.
E a tuo figlio. L’unica forza che ti rimane. L’unico motivo per cui vale ancora la pena combattere contro questo immenso mostro silenzioso.
Se invece hai le forze per uscire ti ricomponi. Esci di casa. Dio quanto è difficile varcare quella soglia. E iniziare a fingere. Indossare la maschera del “va tutto bene”. Elargire sorrisi e battute non sapendo se lo fai più per protezione tua o per gli altri.
Cercare di continuare a vivere una vita normale quando di normale non ha più nemmeno il significato.
Cerchi comunque di tenerti impegnata per poter zittire quei pensieri che ti martellano il cervello costantemente. E per un po’ funziona. Per un po’ tutto si resetta. Per un piccolo lasso di tempo va tutto bene. E “lui” non esiste.
I tuoi cavalli. I tuoi amici. Il tuo fidanzato. La famiglia.
Capiterà anche di incontrare qualcuno che sarà rude e crescerà dentro un immenso fastidio per il fatto che possano esistere persone così stronze. Perchè ormai anche la tua pazienza ha deciso di levare le ancore. Non sei più indulgente. Non sei più paziente. Non sei più tollerante. Non sopporti più la stupidità della gente.
Cala la sera. E torni a casa. Un film. Una sbirciata sui social e magari ti imbatti in qualcosa che ti tocca. E lì la spirale dei pensieri riparte di nuovo. E alle 9 ti addormenti sul divano esausta perchè tutto ormai è troppo. Ma poi ti svegli di soprassalto. Ed è lì. Che ti osserva. L’ansia. Che ti toglie pure il sonno. Ti segue fino in camera e non ti abbandona. Devi combatterla a suon di scacciapensieri chimici. Sapendo che è solo questione di poche ore. Perché poi alle 8, se non prima, riparte tutto daccapo.
Questo è. Questa sono. Un enorme buco nero dentro. Che tenta in qualsiasi modo di tenere in piedi il castello delle certezze che è crollato.
Ho un carattere forte? Sì, è vero.
Una volta vedevo la fine di tutto questo. Ora la fine sembra non esistere più. Non sai quando arriverà e come arriverà.
Ho un corpo forte? Sì. Ma non più come prima. Prima era una malattia silente. Ora con la sua prepotenza si è insediata beffeggiandomi e non decide di lasciarmi tregua.
Quindi niente più “sei forte”, niente più “ma ti vedo comunque bene”, niente più “tieni botta, sei una guerriera!”, niente più “coraggio!” Perchè non sono io a decidere per la mia malattia, ma è lei che decide per me. Quindi per me basta un abbraccio perchè ad oggi le parole sono solo sprecate".